Trib. di Agrigento – sent. 1 agosto 2016, Giud. Illuminati.
(artt. 1176, 1218, 1228, 2236, 2043 c.c.)
Abstract
In caso di decesso di paziente sottoposto ad errato trattamento terapeutico, la responsabilità del personale medico e per esso della struttura sanitaria presso cui è avvenuto il ricovero, ha natura contrattuale limitatamente alle pretese risarcitorie azionate jure hereditatis dai familiari superstiti, mentre, all’opposto, ha natura extracontrattuale ex art. 2043 c.c. con riferimento alle pretese risarcitorie azionate jure proprio da questi ultimi, non essendo intercorso tra gli stessi e la struttura ospedaliera alcun contratto o relazione socialmente qualificata. Nel primo caso, pertanto, in considerazione della presunzione di colpa di cui all’art. 1218 c.c., i familiari superstiti hanno solo l’onere di provare che l’aggravamento delle condizioni del congiunto e il successivo decesso sono eziologicamente riconducibili all’intervento prestato dal sanitario, mentre incombe su quest’ultimo l’onere di dimostrare, se vuole andare esente da responsabilità, che l’esito negativo della prestazione non è ascrivibile a propria negligenza o imperizia e che la stessa implicava la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà.
Nel secondo caso, di contro, grava sui familiari superstiti che agiscano jure proprio l’onere di dimostrare che il sanitario non ha osservato in concreto quel grado di diligenza specifica, ulteriore rispetto alla diligenza del buon padre di famiglia, richiesta al debitore qualificato dall’art. 1176 comma 2, c.c. che comporta il rispetto di tutte le regole e gli accorgimenti che, nel loro insieme, costituiscono la conoscenza della professione medica.
Nel caso di colpa medica, qualora la sofferenza della vittima si sia protratta per un tempo apprezzabile prima del decesso, i familiari hanno il diritto di vedersi riconosciuto jure hereditatis un risarcimento per danno non patrimoniale relativo al subìto pregiudizio biologico terminale, non essendo viceversa risarcibile ex se il danno tanatologico, ossia da perdita del diritto alla vita (giacchè la privazione di un tale bene si consolida nel patrimonio della vittima quando questa perde, a causa del decesso, la capacità giuridica e non può divenire titolare di posizioni giuridiche suscettibili di essere trasmesse. In particolare, affinchè un tale danno sia liquidabile è necessario che la vittima sia rimasta cosciente dopo l’evento lesivo, percependo la sofferenza correlata alle lesioni subite e alla patologia che ne è conseguita.